Il PM2.5
PM (Particulate Matter) è il termine generico con il quale si definisce un mix di particelle solide e liquide (particolato) che si trovano in sospensione nell’aria. Il PM può avere origine sia da fenomeni naturali (processi di erosione del suolo, incendi boschivi, dispersione di pollini ecc.) sia da attività antropiche, in particolar modo dai processi di combustione e dal traffico veicolare (particolato primario). Esiste, inoltre, un particolato di origine secondaria che si genera in atmosfera per reazione di altri inquinanti come gli ossidi di azoto (NOx), il biossido di zolfo (SO2), l’ammoniaca (NH3) ed i Composti Organici Volatili (COV), per formare solfati, nitrati e sali di ammonio.
Gli studi epidemiologici hanno mostrato una correlazione tra le concentrazioni di polveri in aria e la manifestazione di malattie croniche alle vie respiratorie, in particolare asma, bronchiti, enfisemi ma anche malattie cardiovascolari e tumori. A livello di effetti indiretti inoltre il particolato agisce da veicolo per sostanze ad elevata tossicità, quali ad esempio gli idrocarburi policiclici aromatici.
Le particelle di dimensioni inferiori costituiscono un pericolo maggiore per la salute umana, in quanto possono penetrare in profondità nell’apparato respiratorio; è per questo motivo che viene attuato il monitoraggio ambientale di PM10 e PM2.5 che rappresentano, rispettivamente, le frazioni di particolato aerodisperso aventi diametro aerodinamico inferiore a 10 µm e a 2.5 µm.
La normativa tecnica in materia di qualità dell’aria fissa il valore limite di riferimento per la concentrazione atmosferica di PM2.5 a livello di 25 microgrammi/m3 come media annuale.
Recentemente (Linee Guida globali sulla qualità dell'aria AQG 2021) l’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) ha portato il valore limite di riferimento per il PM2.5 a livello di 5 microgrammi/m3 come media annuale dai precedenti 10 microgrammi/m3 in considerazione del fatto che è ormai più che dimostrato che l'inquinamento atmosferico, anche a livelli molto bassi, è pericoloso e nuoce alla salute.
Questa notevole discrepanza è dovuta al fatto che l’OMS ha tenuto conto esclusivamente di aspetti sanitari, fissando il valore limite in base alle risultanze di numerosi studi epidemiologici. Questo valore limite rappresenta la soglia al di sopra della quale cominciano a manifestarsi effetti negativi per la salute umana.
Il valore di riferimento assunto dalla normativa europea, invece, è un compromesso fra le evidenze sanitarie e aspetti di altra natura, principalmente di natura economica e tecnologica.